Il forno

Il forno come lo conosciamo oggi è frutto di un’evoluzione durata migliaia di anni. Fin dalla scoperta del fuoco, l’uomo ha sempre cercato di ottimizzare il calore prodotto dalla combustione; si scoprì, infatti, che si poteva confinare l’energia termica con materiali di facile reperibilità, come l’argilla, e così nacquero i primi forni.

I forni si dividono in forni a combustibile e forni elettrici; per l’uso domestico i secondi hanno pressoché surclassato i primi in termini di qualità, affidabilità e consumo, relegandoli al solo uso industriale.

C’è da sottolineare però che i forni a combustibile, a causa dei gas combusti che producono, sono talvolta fondamentali per infondere sentori e fragranze agli alimenti, come per il forno a legna per la pizza. In questi casi un forno elettrico non regala lo stesso risultato ed è, di conseguenza, usato meno frequentemente.

 Un forno elettrico è composto da una camera di cottura, solitamente avvolta in un materiale refrattario così da non disperdere troppo calore, delle resistenze (solitamente una alla base e una in cima) e, se il forno è ventilato, da una ventola.

Il principio fondamentale di funzionamento è l’Effetto Joule: un circuito percorso da energia elettrica disperde calore a causa dell’attrito tra gli elettroni della corrente e gli atomi (o molecole) del conduttore. Tendenzialmente si cerca di evitare questo fenomeno ma, in questo come in altri casi (per esempio le lampadine ad incandescenza), la generazione del calore diventa lo scopo finale.

Nel momento in cui si accende il forno si sceglie una temperatura predefinita; le resistenze si accendono al 100% portandolo in temperatura. Da questo momento parte la funzione di mantenimento della temperatura.

Grazie al progredire della tecnologia, attualmente si trovano in commercio forni domestici molto precisi sia alle alte che alle basse temperature: questo grazie all’affinamento del “bang-bang control” ora più preciso che mai.

Il “bang-bang control” è il sistema che tramite un termometro e un termostato regola la temperatura del forno: questo avviene accendendo e spegnendo moderatamente le resistenze in modo da tenere la temperatura il più costante possibile.

La temperatura scelta è da considerarsi come temperatura media (Tmed) di cottura; il forno infatti riscalda la camera a circa 2 o 3 gradi centigradi in più. Le resistenze a quel punto vengono spente e si lascia raffreddare (per dispersione termica) il forno fino a 2 o 3 gradi centigradi sotto la temperatura desiderata. A quel punto le resistenze si riaccendono e riportano la temperatura effettiva un pochino sopra alla Tmed.

La domanda sorge spontanea: perché non fare in modo che le resistenze rimangano costantemente accese a una bassa temperatura, compensando le dispersioni di calore, senza accenderle e spegnerle di continuo? Dato che in una cucina domestica non è necessario mantenere la temperatura costante al grado centigrado, questa soluzione risulterebbe troppo dispendiosa in termini di energia e, di conseguenza, di denaro.

In un forno ventilato convenzionale si possono fare due tipi di cottura: la prima è con forno statico, la seconda è con convezione. In entrambi i casi, sopra i 160°C può avvenire la reazione di Maillard.

Con il forno statico il cibo viene cotto per irraggiamento; il calore arriva perpendicolarmente dalle resistenze scaldando solo le superfici rivolte verso queste ultime. Questo metodo di cottura, data la lentezza con cui il calore penetra nell’alimento, è particolarmente indicato per cibi che necessitano di una lievitazione in forno, come prodotti da panificazione o pasticceria.

La cottura con convezione (o ventilata) utilizza una ventola che distribuisce l’aria calda in tutta la camera di cottura: il cibo viene così cotto da ogni parte contemporaneamente, garantendo una cottura uniforme e più veloce. Inoltre l’aria che circola all’interno asciuga la superficie creando la caratteristica crosta presente, per esempio, sulle patate al forno. Questo metodo è consigliato per praticamente tutti gli alimenti.

Infine la maggior parte degli apparecchi presenta la funzione “grill”. Questa funziona come un forno statico ma solo con la resistenza superiore: quest’ultima viene scaldata al 100% e serve per gratinare i cibi in poco tempo ad altissime temperature.

Negli ultimi anni sono comparsi i primi forni domestici a vapore. L’introduzione del vapore serve a mantenere umidi i cibi che tendono ad asciugarsi molto in cottura, come le carni molto magre.

Il forno a vapore talvolta viene utilizzato anche per simulare la cottura sous vide perché a temperature basse l’acqua, che ha un’inerzia termica maggiore dell’aria, mantiene più costante la temperatura della camera di cottura, anche se nebulizzata.

“Tips and tricks”

Come detto sopra, appena si accende il forno le resistenze cercano di portare il più rapidamente possibile la temperatura a quella desiderata. Per questo motivo bisogna far preriscaldare il forno, altrimenti si rischia di bruciare il cibo a causa del troppo calore fornito dall’irraggiamento delle resistenze.

Un liquido acquoso in forno, anche a temperature molto alte, non comincerà a bollire. Questo perché, oltre alla temperatura, serve anche una piccola sollecitazione per innescare il processo di ebollizione. In una pentola posta sul fornello è la prima bollicina di gas che dal fondo della pentola sale in superficie a rompere l’equilibrio dell’acqua e ad innescare le successive bolle; nel forno questo non succede.

Il motivo è il seguente: la fiamma del fornello (o piastra elettrica o induzione) sprigiona una maggior quantità di calore rispetto alla conduzione termica dell’aria calda nel forno. Questo permette ai gas disciolti nella porzione di acqua alla base della pentola di evaporare e, a causa della minor densità, di dirigersi verso la superficie del liquido; per via delle temperature minori nel forno questo non succede e può accadere che l’acqua arrivi, dopo un periodo di tempo molto più lungo, a temperature superiori di quella di ebollizione. Questo potrebbe creare un pericolo perché, se il liquido dovesse ricevere una minima sollecitazione, comincerebbe a bollire vigorosamente.

Per questo motivo se si vuole cuocere un alimento immerso in un liquido acquoso in forno conviene prima far bollire sul fornello la soluzione e poi trasferire il tutto nel forno che riuscirà a mantenere il bollore.

A causa della tecnologia “bang-bang”, la temperatura non è stabile e costante durante la cottura.

Se non è necessaria una grande precisione per la cottura, per esempio per la pasta al forno o le patate, questa oscillazione di temperatura non precluderà la ben riuscita del piatto.

Se invece si fanno cotture più delicate, ad esempio a basse temperature, con una differenza di 6°C si cambia di molto il risultato del piatto; si passa, per capirci, da una bistecca al sangue (54°C) a una a cottura media (60°C).

Per evitare questo problema, possiamo sfruttare l’inerzia termica. Per farlo basta mettere dei grandi sassi o delle padelle in ghisa sul ripiano più basso del forno; in questo modo, quando verrà acceso l’apparecchio, questi oggetti pesanti accumuleranno calore.

L’aria calda che gira nel forno, che ha una minor inerzia termica, si riscalderà più velocemente ma, altrettanto velocemente, si raffredderà; faccio un esempio.

Quando il forno è impostato a 100°C e pronto per cuocere (quindi effettivamente a 102°C), sia aria che sassi sono alla stessa temperatura; nel momento in cui le resistenze si spengono, l’aria, dopo un certo lasso di tempo, diminuisce prima a 100°C, poi a 98°C. A questo punto, di solito, il forno riaccende le resistenze per riportare il tutto a 102°C.

Con la presenza dei sassi, nello stesso tempo in cui l’aria arriva a 98°C, questi ultimi saranno ancora a 101°C (se non a 102°C), quindi cominceranno a rilasciare calore, riportando la temperatura interna a 100°C, mantenendola più costante.

Andrea Gianni Conti

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